Opere italiane by Francesco Petrarca

Opere italiane by Francesco Petrarca

autore:Francesco Petrarca [Petrarca, Francesco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Poetry, General
ISBN: 9788804414025
Google: WERUwgEACAAJ
Goodreads: 4961116
editore: MONDADORI
pubblicato: 1330-01-01T00:00:00+00:00


II

La notte che seguì l'orribil caso

che spense il sole, anzi 'l ripose in cielo,

di ch'io son qui come uom cieco rimaso,

spargea per l'aere il dolce estivo gelo

che con la bianca amica di Titone

suol da' sogni confusi torre il velo,

quando donna sembiante a la stagione,

di gemme orïentali incoronata,

mosse ver me da mille altre corone;

e quella man già tanto desiata

a me parlando e sospirando porse,

onde eterna dolcezza al cor m'è nata:

– Riconosci colei che 'n prima torse

i passi tuoi dal publico viaggio? –

Come 'l cor giovenil di lei s'accorse,

così, pensosa, in atto umile e saggio,

s'assise, e seder femmi in una riva

la qual ombrava un bel lauro ed un faggio.

– Come non conosco io l'alma mia diva? –

risposi in guisa d'uom che parla e plora

– Dimmi pur, prego, s' tu se' morta o viva. –

– Viva son io, e tu se' morto ancora, –

diss'ella – e sarai sempre, infin che giunga

per levarti di terra l'ultima ora.

Ma 'l tempo è breve e nostra voglia è lunga;

però t'avvisa, e 'l tuo dir stringi e frena,

anzi che 'l giorno, già vicin, n'aggiunga. –

Et io: – Al fin di questa altra serena

ch'ha nome vita, che per prova il sai,

deh, dimmi se 'l morir è sì gran pena. –

Rispose: – Mentre al vulgo dietro vai

et a la opinïon sua cieca e dura,

esser felice non puoi tu già mai.

La morte è fin d'una pregione oscura

a l'anime gentili; a l'altre è noia,

ch'hanno posto nel fango ogni lor cura.

Et ora il morir mio, che sì t’annoia,

ti farebbe allegrar, se tu sentissi

la millesima parte di mia gioia. –

Così parlava, e gli occhi avea al ciel fissi

devotamente; poi mosse in silenzio

quelle labbra rosate infin ch'i' dissi:

– Silla, Mario, Neron, Gaio e Mezenzio,

fianchi, stomachi e febri ardenti fanno

parer la morte amara più ch'assenzio. –

– Negar – disse – non posso che l'affanno

che va inanzi al morir non doglia forte,

e più la tema de l'eterno danno:

ma pur che l'alma in Dio si riconforte,

e 'l cor che 'n sé medesmo forse è lasso,

che altro ch'un sospir breve è la morte?

Io aveva già vicin l'ultimo passo,

la carne inferma, e l'anima ancor pronta,

quando udi' dir in un son tristo e basso:

«O misero colui che' giorni conta,

e pargli l'un mille anni! Indarno vive,

ché seco in terra mai non si raffronta;

e cerca 'l mare e tutte le sue rive,

e sempre un stil, ovunque fusse, tenne:

sol di lei pensa, o di lei parla o scrive».

Allora in quella parte onde 'l suon venne

gli occhi languidi volgo, e veggio quella

che amò noi, me sospinse e te ritenne.

Riconobbila al volto e a la favella,

che spesso ha già 'l mio cor racconsolato,

or grave e saggia, allor onesta e bella.

E quando io fui nel mio più bello stato,

ne l'età mia pia verde, a te più cara,

ch'a dire et a pensare a molti ha dato,

mi fu la vita poco men ch'amara

a rispetto di quella mansueta

e dolce morte ch'a' mortali è rara;

ché 'n tutto quel mio passo er'io più lieta

che qual d'esilio al dolce albergo riede;

se non che mi stringea di te sol pieta. –

– Deh, madonna, –



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